Istituto degli Studi Giuridici Superiori

Direttore scientifico: Avv.Manlio Merolla

PROPOSTA NORMATIVA: La Modifica dell’art 24 L. 149/01 – Accesso ai documenti da parte dell’adottato, per verificare se la volontà della madre sia ancora attuale o se essa esprima il consenso al superamento dell’anonimato attraverso una “revoca del diniego”, alla luce delle mutate condizioni esistenziali.

La  Modifica dell’art 24 L. 149/01;

 

Da molti anni una parte sensibile della classe forense raccolta dall’Istituto degli Studi Giuridici Superiori e dalla Unione Nazionale delle Camere Minorili Multiprofessionali d’Italia, dopo studi, ricerche, sondaggi, raccolte di firme e consensi ha redatto una significativa proposta normativa, sottoposta in modo del tutto spontaneo all’attenzione di un gruppo associativo di persone  che  vivendo in primis il bisogno di trovare le proprie origini familiari,  rappresentanti di migliaia di cittadini, figli adottivi non riconosciuti alla nascita .

 

Questi infatti a differenza dei figli riconosciuti dalla madre naturale, e successivamente adottati, ai quali l’attuale legge sull’adozione, la 149 del 2001, consente, raggiunta l’età di 25 anni, di conoscere l’identità dei propri genitori biologici, quali figli adottivi non riconosciuti alla nascita si trovano loro malgrado impediti ad accedere a tali informazioni, se non trascorsi 100 anni dalla loro nascita, secondo le disposizioni del Codice sulla Privacy.

 

 Infatti il  diritto a venire a conoscenza della nostra identità confligge con quello della donna che, al momento del parto, non acconsentì ad essere nominata.

 

 Quest’ultimo  viene ritenuto, dalla legge attuale, decisamente prevalente sull’interesse del figlio, anche adulto, a poter conoscere le proprie origini. Ciò  impedisce di far luce su una zona senza ricordi e senza storia che sta all’origine della loro vita  e del loro sviluppo, rendendoli eternamente incompleti e destinati a morire senza aver avuto piena cognizione di loroi stessi. Partendo dalla domanda fondamentale “chi sono?” l’uomo si aspetta una risposta non solo relativa al presente, ma che si riferisca anche a ciò che è stato nel passato, perché il passato non viene inghiottito nel nulla, ma resta come elemento che struttura la sua vita nell’oggi, e ne condiziona il futuro. La conoscenza delle origini contribuisce a formare l’identità entrando nell’insieme di realtà che rappresentano il punto di partenza dello sviluppo umano.

 

Tuttavia pur non volendo mettere in discussione la possibilità per la donna di partorire in anonimato, riconoscendo le valenze racchiuse in  tale istituto legislativo, viene richiesto per uscire da tale tragica condizione chiediamo soltanto che, ai figli e alla loro madri naturali, venga offerta un’ulteriore opportunità: che  la legge attuale venga modificata prevedendo che  il Tribunale dei Minori, valutata la richiesta di accesso ai documenti da parte dell’adottato, verifichi se la volontà della madre sia ancora attuale o se essa esprima il consenso al superamento dell’anonimato attraverso una “revoca del diniego”, alla luce delle mutate condizioni esistenziali.

 

In ogni caso è pur vero che, trascorsi i fatidici 100 anni, il segreto potrà essere comunque svelato ai nostri figli, che ci accompagnano nelle ricerche conoscendo l’intensità del nostro desiderio, e dunque in quel momento reso noto anche alla famiglia della defunta.

 

Una modifica della legge attuale in tal senso contribuirebbe a rimodulare il bilanciamento trai due diritti in conflitto, quello alla conoscenza delle proprie origini e quello alla riservatezza, senza che il secondo schiacci ed annulli il primo in modo assoluto, consentendo, finalmente, ai figli adottivi non riconosciuti alla nascita, di uscire da una condizione nella quale  si sentono “ombre”, senza alcuna  possibilità di replica né decisionale sulle scelte di cui sono stati fatti oggetto.

  In sintesi:

 

LA NORMA ATTUALE DA MODIFICARE

 

La modifica richiesta riguarda il comma 7, art. 24 della Legge 149/ 01:

 

7. L’accesso alle informazioni non è consentito se l’adottato non sia stato riconosciuto alla nascita dalla madre naturale e qualora anche uno solo dei genitori biologici abbia dichiarato di non voler essere nominato, o abbia manifestato il consenso all’adozione a condizione di rimanere anonimo.

 

LA  MODIFICA NORMATIVA PROPOSTA [ prima bozza] :

 

 7 –  L’adottato avrà la possibilità di accedere a tutte le informazioni che lo riguardano comprese quelle concernenti l’iter adottivo, i dati sanitari, i periodi di permanenza in istituti o altro, con l’unica esclusione dell’identità dei genitori biologici qualora non sia stato riconosciuto alla nascita.

In questa ultima circostanza, raggiunti i venticinque anni, sarà competenza del Tribunale, valutato il caso,  informare la madre e/o il padre naturale della richiesta di accesso alle informazioni da parte dell’adottato, e  richiederne il consenso al superamento dell’anonimato.

 Nel caso che la madre risulti deceduta ed il padre deceduto o non identificabile, il Tribunale, su richiesta dell’interessato,  procederà direttamente  ad acquisire e comunicare le loro generalità, patologie e dati sanitari, cause del decesso degli stessi ed eventuali notizie relative a depositi di organi presso banche sanitarie.

 

LA MODIFICA DEFINITIVA STRUTTURATA TECNICAMENTE:

 

Il 5° comma dell’art. 28 della legge n. 184, come modificato dalla legge 149/2001, è sostituito dal seguente:

 

5. L’adottato, raggiunta l’età di venticinque anni [ o 18 avendo raggiunto la maggiore età], può accedere ad ogni informazione riguardante  la sua origine e l’identità dei propri genitori biologici. Gli enti e le istituzioni, pubbliche e private, sono tenute a fornire allo stesso tutte le informazioni di cui siano in possesso.

 

Il 6° comma dell’art. 28 della legge n. 184, come modificato dalla legge 149/2001, è sostituito dal seguente:

 

L’adottato, raggiunta la maggiore età, se sussistono gravi e comprovati motivi attinenti alla sua salute psico-fisica, può accedere alle informazioni di cui al precedente comma 5, previa autorizzazione del Tribunale per i Minorenni. L’istanza deve essere presentata al tribunale del luogo di residenza.

 

Il 7° comma dell’art. 28 della legge n. 184, come modificato dalla legge 149/2001, è sostituito dal seguente:

 

7. Nell’ipotesi di cui al precedente comma 6, il tribunale per i minorenni procede all’audizione delle persone di cui ritenga opportuno l’ascolto; assume tutte le informazioni di carattere sociale e psicologico, al fine di valutare che l’accesso alle notizie di cui al comma 5 non comporti grave turbamento all’equilibrio psico-fisico del richiedente. Definita l’istruttoria, il tribunale per i minorenni autorizza con decreto l’accesso alle notizie richieste.

 

L’ 8° comma dell’art. 28 della legge n. 184, come modificato dalla legge 149/2001, è sostituito dal seguente:

 

8. Nelle ipotesi previste dal quinto comma, ove l’adottato non sia stato riconosciuto alla nascita dalla madre o anche uno solo dei genitori abbia dichiarato di non voler essere nominato, l’accesso alle informazioni è autorizzato dal Tribunale per i minorenni – all’esito di procedura identica a quella prevista dal 7° comma – qualora i genitori dell’adottato siano deceduti, risultino irreperibili, oppure, interpellati, abbiano fornito il loro consenso. In assenza di tali condizioni, il Tribunale può autorizzare unicamente l’accesso alle informazioni di carattere sanitario, ove sussistano ragioni legate alla salute psico-fisica del richiedente.

 

Dopo l’ 8° comma della legge n. 184, come modificato dalla legge 149/2001è inserito il seguente:

 

9. L’accesso alle informazioni non interferisce e non modifica il regime previsto dall’ultima alinea dell’art. 27.

 

[ A cura Commissione Tecnica-Giuridica DIPARTIMENTO ANALISI, STUDI E RICERCHE NORMATIVE DELL’ISTITUTO STUDI GIURIDICI SUPERIORI : Dr.Bruno De Filippis – Avv.Prof.Manlio Merolla ]

 

 

 

 

 

 

 


PROPOSTA NAZIONALE NORMATIVA:LA SEPARAZIONE MITE O MEDIATA;

La Separazione Mite o Mediata;

Anno 2006 – Anno 2008 In Parlamento. Raccolte di Firme in Corso. – La Stampa, Foto e Video nel Portale ( presto la pubblicazione)

[ A cura dei Ricercatori dell’Istituto Studi Giuridici Superiori del prof.Merolla]

 

Da molti anni una parte sensibile della classe forense raccolta dall’Istituto degli Studi Giuridici Superiori e dalla Unione Nazionale delle  Camere Minorili Multiprofessionali d’Italia dopo  studi, ricerche, sondaggi, raccolte di firme e consensi ha redatto una significativa proposta normativa che potrebbe incidere profondamente sia nella struttura giudiziaria e nel tessuto sociale del nostro paese, dal momento che propone   con una soluzione rivoluzionaria in campo socio-giuridico, sostituendo la fase presidenziale nelle separazioni e divorzi con una fase tecnica-amministrativa, a costo zero, con l’entrata in gioco di una commissione multi professionale .

 

A tal riguardo, l’Istituto degli Studi Giuridici Superiori e  l’Unione Nazionale Camere Minorili Multiprofessionali della Campania, dopo aver coinvolto e resi partecipi alla diffusione della presente proposta numerose Associazioni NON FORENSI, collegate alla Associazione Nazionale dei Papà Separati e molte ad esse vicine e/o lontane con scopi similari, con il sostegno di molti Ordini professionali ed Associazioni ha presentato la proposta che viene integralmente riportata di seguito all’attenzione del Legislatore.

 

All’attualità si auspica nella sua approvazione che risulta sostenuta da molte compagini politiche.

 

Un grande merito va peraltro attribuito al fondatore ideologico della presente legge: l’avv. prof. Manlio Merolla, il quale dopo aver redatto la prima bozza, ricamata e ricucita in mesi di lavoro, ricerche e studi dai ricercatori della Consulta sopra citata, dopo costituito uno Staff tecnico giuridico con insigni giuristi ed esperti psicologi, mediatori ed esperti di varie discipline, ha rappresentato ed ufficializzato in molte parte d’Italia, in modo diretto ed indiretto, attraverso Convegni, Conferenze e Simposi la proposta di legge.

 

Tra  gli esperti dello Staff scientifico si annoverano: il Giudice dr.Bruno De Filippis [ Corte di Appello di Salerno] tra i maggiori esperti in Italia nella materia ed autore di molteplici pubblicazioni, il Giudice Aggiunto di Cassazione dr. Filippo Ferrucci, che ha indirizzato inizialmente la Commissione de quo coordinando le prime fasi organizzative, il Giudice Dr. Giovanni D’Onofrio [Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ] che ha rappresentato una forte guida testimoniale ed esperienziale nell’indicazione delle linee guida della proposta

 

Inoltre vanno ricordati tra gli esperti dell’area Socio-psicologica: la Dr.ssa Rossi Concetta [ Giudice onorario TpM Napoli e psicologa presso l’ASL CE1 – psicologia giuridica ] il dr. Vito Alberto [ Giudice onorario TpM Napoli e psichiatra presso l’Ospedale Cotugno di Napoli] il Dr. Federico Mantile [ Giudice onorario TpM Napoli e psichiatra e psicoterapeuta infantile presso l’ASL NA] che hanno e stanno lavorando alla redazione delle LINEE GUIDA PER L’AUDIZIONE DEI MINORI IN AMBITO CIVILISTICO, rilevati i danni devastanti spesso prodotti in seguito ad audizioni “ improprie” ed improvvisate proprio nelle pendenze di giudizi separativi.

 

Vanno inoltre ricordati l’Ing. Fisico J. Rotoli che ha elaborato un programma informatico per il calcolo matematico dell’assegno di mantenimento sulla base di un redditometro.

 

Ed ancora il Dr. Giovanni D’Angelo, Presidente dell’Associazione con sede nel territorio Casertano : “ CIAO PAPA’ “ ed il Dr. Alessandro Ciardiello Presidente dell’Associazione Nazionale dei Papà separati, che hanno contribuito con grande entusiasmo e passione ad ogni incontro tecnico, sostenendo con contributi testimoniali e socio-scientifici ogni attività posta in essere, coinvolgendo i loro iscritti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In sintesi, ecco la proposta:

 

LA SEPARAZIONE MITE / MEDIATA

 

ART. 1

Nel capo I del Titolo II del libro quarto del codice di procedura civile, prima dell’art. 706, è inserito il seguente art. 705 bis:

“Il coniuge che intende presentare una domanda di separazione personale contenziosa ha l’onere di convocare, con ogni mezzo idoneo, il partner presso un Centro di Mediazione Familiare autorizzato, per un colloquio con personale specializzato, nel corso del quale entrambi vengono informati dei contenuti e della procedura della separazione, nonché delle opportunità fornite dai servizi di mediazione, per la ricerca di una soluzione concordata, lo svolgimento di un tentativo di conciliazione o la realizzazione di forme di terapia familiare.

Il colloquio deve comprendere informazioni di carattere giuridico e psicologico in ordine alla tutela del minore, all’identificazione dell’interesse dello stesso, alle conseguenze della separazione ed ai comportamenti genitoriali più idonei.  Il giudice potrà eventualmente desumere, dalla mancata e non giustificata partecipazione al colloquio, in analogia a quanto previsto dall’art. 116, secondo comma c.p.c., elementi in ordine alla responsabilità della crisi familiare, nonché valutazioni per la definizione delle spese di causa che eventualmente poi si instauri. All’esito del colloquio, ove le parti non intendano concordemente intraprendere una delle vie indicate, come nel caso in cui successivamente (entrambe o anche una sola) decidano di recedere da esse o infine allorché il percorso si concluda negativamente, il Centro rilascia un attestato, dal quale risulta lo svolgimento del colloquio o il mancato svolgimento del medesimo, per omessa presentazione di uno dei coniugi, con allegata, in quest’ultimo caso, la documentazione relativa all’effettuazione della convocazione.

L’attestato deve essere obbligatoriamente allegato alla domanda di separazione personale proposta ai sensi del successivo art. 706. Ove le parti abbiano svolto, dopo il colloquio preliminare, una o più sedute volontarie presso il Centro,  possono chiedere che dello svolgimento di esse sia dato atto nell’attestato.

L’attestato, sempre a richiesta di parte, può indicare l’eventuale desistenza unilaterale di un coniuge dal partecipare alla prosecuzione degli incontri, ma non può contenere alcuna altra indicazione in ordine allo svolgimento dei colloqui, né alcuna informazione in ordine al contenuto di essi.

Gli operatori del Centro non possono essere ascoltati come testimoni nel giudizio di separazione personale o successivo divorzio che debba successivamente essere instaurato tra le parti, per fatti avvenuti nel corso dell’incontro informativo o dei successivi incontri volontari. Si applicano le disposizioni sul segreto professionale, di cui all’art. 200 c.p.p.. Ove le parti raggiungano, con l’ausilio del Centro, un accordo per la separazione consensuale, possono chiedere che il Centro trasmetta lo stesso al Tribunale, per la procedura relativa all’omologazione, che comprenderà comunque la conferma personale delle parti, dinanzi al presidente del tribunale o giudice delegato, delle condizioni concordate”.

Art. 2

Il primo comma dell’art. 706 c.p.c. è sostituito dal seguente:

“La domanda di separazione personale si propone al tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi, ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio, con ricorso avente il contenuto di cui all’art. 163, terzo comma, c.p.c.. Il ricorrente è tenuto ad allegare copia delle tre ultime dichiarazioni dei redditi, nonché ad indicare l’esistenza di figli legittimi, legittimati o adottati dalla coppia durante il matrimonio”.

 

Il terzo comma dell’art. 706 c.p.c, è sostituito dal seguente:

“Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito in cancelleria, designa il giudice istruttore e fissa con decreto la data dell’udienza di comparizione dei coniugi dinanzi al medesimo. L’udienza deve essere tenuta entro novanta giorni dal deposito del ricorso. Il presidente assegna al ricorrente un termine per la notificazione di ricorso e decreto, con il rispetto dei termini previsti dall’art. 163-bis, ridotti alla metà.  Il convenuto deve costituirsi almeno cinque giorni prima della data fissata per l’udienza”.

Il quarto comma dell’art. 706 c.p.c. è abrogato.

 

Art. 3

Gli artt. 707. 708 e 709 c.p.c. sono abrogati.

 

Art. 4

Il primo comma dell’art. 709 bis è sostituito dal seguente: “Le parti devono comparire personalmente dinanzi al giudice istruttore con l’assistenza del difensore.

Il giudice istruttore procede agli adempimenti previsti dai commi uno e due dell’art. 183.

 

Se nessuna delle parti è comparsa, il giudice procede a norma dell’art. 181, primo comma. Se entrambe le parti sono presenti, il giudice le interroga, prima separatamente e poi congiuntamente.  Se ritiene immediatamente opportuna l’audizione dei figli minori capaci di discernimento, dispone la stessa, con ogni opportuna cautela, ricorrendo, se del caso, a forme di ascolto protetto.

 

Egli provvede comunque ad assicurare che, nel corso del giudizio, i minori capaci di discernimento siano ascoltati.

 

Ove serie ragioni non consentano l’effettuazione dell’audizione, il giudice provvede a che venga comunque acquisita, in modo univoco, con prove indirette o ogni altro mezzo idoneo, l’opinione degli stessi in relazione alle loro istanze ed esigenze.  Analogamente egli provvede ad acquisire, in caso di minori non capaci di discernimento, ogni utile informazione in ordine al medesimo oggetto.

 

All’esito dell’interrogatorio delle parti e dell’eventuale audizione dei figli, il giudice istruttore dà con ordinanza i provvedimenti temporanei ed urgenti che ritiene opportuni nell’interesse della prole e dei coniugi stessi.  Se è presente una sola parte, si applica il secondo comma dell’art. 181. In ogni caso il giudice può, a richiesta della parte presente o d’ufficio, nell’interesse della prole, dettare ugualmente i provvedimenti urgenti. Si applicano i commi 5, 6 e 7 dell’art. 183.

 

Contro  i  provvedimenti  temporanei ed urgenti si può proporre reclamo  con  ricorso alla Corte d’appello che si pronuncia in camera di  consiglio. Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione del provvedimento.”

 

Il giudice istruttore, in qualunque momento prima della spedizione della causa a sentenza, può sospendere il procedimento, ove le parti concordemente chiedano di rivolgersi ad un Centro di Mediazione Familiare, per lo svolgimento di un tentativo di conciliazione o per seguire un percorso di mediazione.

In caso di sospensione, si applicano le disposizioni degli artt. 297 e 298 c.p.c..

La sospensione può avere una durata superiore a quella prevista dall’art. 296 c.p.c. e può essere ulteriormente prorogata, in presenza di valide ragioni.

 

Art. 5

 

Dopo l’art. 709 ter del codice di procedura civile è inserito il seguente: Art. 709 quater: Nei giudizi di separazione personale, in presenza di prole minore, il giudice istruttore ha facoltà di chiedere l’intervento dei servizi sociali territoriali e di valersi della consulenza di psicologi o esperti operanti presso le A.S.L. e gli enti pubblici territoriali.

 

Art. 6

 

I primi tre commi dell’art. 711 c.p.c. sono sostituiti dal seguente:  “Il ricorso per la separazione consensuale si propone al tribunale competente secondo i criteri indicati dall’art. 706.

Esso può essere proposto congiuntamente dai coniugi o anche da uno solo di essi. In tal caso si applicano, per quanto riguarda la fissazione dell’udienza e la notificazione, le disposizioni previste dal terzo comma dell’art. 706.  Nel ricorso deve essere indicata l’esistenza di figli legittimi, legittimati o adottati da entrambi i coniugi durante il matrimonio.

Al ricorso deve essere allegata attestazione relativa all’avvenuto svolgimento di un colloquio presso un Centro di Mediazione Familiare autorizzato, ai sensi dell’art. 705 bis, con particolare riguardo al compimento di un tentativo di conciliazione, alla prestazione di informazioni in ordine ai contenuti ed alla procedura della separazione ed alla tutela del minore.

In mancanza dell’attestato, deve essere presentata autodichiarazione di uno o entrambi i coniugi, in ordine alle ragioni della mancata effettuazione del colloquio, le quali saranno oggetto di valutazione da parte del giudice, sotto il profilo dell’avvenuta tutela delle ragioni della prole minorenne, ai sensi dell’art. 158, secondo comma, codice civile.”

 

Art. 7

 

Le disposizioni della presente legge si applicano anche ai procedimenti in materia di scioglimento del matrimonio e cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Ogni disposizione incompatibile è abrogata. Anche le coppie di fatto possono ricorrere alla procedura prevista dall’art. 705 bis ed il Tribunale per i Minorenni è tenuto a prenderne atto.

 

Art. 8

 

Le parti ammesse al gratuito patrocinio nel successivo giudizio di separazione, possono chiedere l’inclusione nelle spese di causa delle somme versate per l’intervento del Centro di Mediazione, secondo un tariffario disposto ed annualmente aggiornato dal Ministero per la Famiglia. 

 

Art. 9

 

La presente legge entra in vigore sei mesi dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Dalla data della pubblicazione, entro il termine di novanta giorni, i Centri di mediazione familiare in possesso delle caratteristiche di seguito indicate, possono presentare domanda per l’inclusione nell’elenco formato e tenuto presso ciascuna Corte d’Appello, per iniziativa del presidente della stessa.  Entro i successivi sessanta giorni, il presidente della Corte dispone la formazione e la pubblicazione dell’elenco.

 

Per l’inclusione nello stesso è necessario che i Centri:

Abbiano un’adeguata struttura contrattuale o societaria, idonea a garantire l’assolvimento di ogni adempimento amministrativo e fiscale;

godano di sede e strumenti adeguati ed idonei per lo svolgimento degli incontri tra i coniugi;

dispongano di equipe specializzate, nelle quali siano quanto meno presenti: un avvocato specializzato in diritto di famiglia, due psicologi, di cui uno esperto di psicologia minorile, un numero congruo di mediatori familiari, formatisi presso scuole autorizzate o riconosciute, uno psichiatra e/o psichiatra infantile, ed un mediatore interculturale;

dichiarino di accettare ed adottare i tariffari per le prestazioni, redatti ed aggiornati annualmente dal Ministero per la Famiglia.

Tali elementi, al momento della costituzione degli elenchi, devono essere autocertificati dal responsabile del Centro. Il successivo controllo è demandato al Ministero per la Famiglia. In caso di fase dichiarazioni, si applicano le sanzioni previste dal codice penale, nonché possono essere comminate, dal Ministro, sanzioni amministrative da un minimo di mille ad un massimo di duecentomila euro. 

Entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, il Ministero della Famiglia emana “Linee Guida per l’audizione del minore infra ed ultradodicenne”, curandone il successivo aggiornamento tecnico. Di esse, il giudice tiene conto nel procedere all’audizione del minore.

 

ALLEGATI:   1. LINEE GUIDA: AUDIZIONE MINORI IN SEDE GIUDIZIARIA CIVILE     –  2.  REDDITOMETRO;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


PROPOSTA NORMATIVA :DIVIETO DI VENDITA DELLE ARMI GIOCATTOLO

PROPOSTA NORMATIVA :

DIVIETO DI VENDITA DELLE ARMI GIOCATTOLO

AI MINORI DI ANNI 18

 

 

Una raccolta di firme nelle scuole, palestre, nelle Agenzie Sociali ed ovunque verrà offerta ospitalità, destinata ad una SIGNIFICATIVA PROPOSTA NORMATIVA, inizialmente a carattere Regionale per poi espandersi a livello nazionale che da anni è stata oggetto di Studi e Ricerche dell’ISTITUTO DEGLI STUDI GIURIDICI SUPERIORI DI NAPOLI in collaborazione con molteplici Associazioni e Camere Minorili della Campania: DIVIETO DI VENDITA DI ARMI GIOCATTOLO AI MINORI DI ANNI 18.

 

Ancora più significativa  si presenta la detta proposta normativa dal momento che la stessa viene lanciata nel mentre si registrano aumenti statistici di violenze minorili e dell’ingresso di leggi permissive sulla legittima difesa personale allargata.

 


Le recenti Ricerche, Studi e Proposte Normative della classe Forense a Tutela della Famiglia e per i Minori;

 

    Esporre compiutamente  le numerose ricerche e studi promossi dalla classe forense  in materia risulterebbe opera di grande pregio, ma necessiterebbe dedicare un intero volume enciclopedico e tempi lunghi per raccogliere tanto materiale, tuttavia chi scrive , anche con una certa vena narcisistica, intende rappresentare le sole proposte più significative che unitamente ai colleghi tutti della  Unione delle Camere Minorili Multiprofessionali d’Italia sono state negli ultimi anni studiate e proposte.

    Pertanto con estrema sintesi e senza il rispetto cronologico si annoverano:

    IL MOBBING CONIUGALE, FAMILIARE E GENITORIALE – le cui risultanze per economia di esposizione si rimandano ad altre pubblicazioni dello stesso autore , si cfr note in volume pagine precedenti- del quale fenomeno una particolare sottoparte dello stesso, riguardante un aspetto minore e con caratteristiche similari ed applicabili solo in taluni casi, viene denominato STALKING, all’attualità è oggetto di valutazioni legislative;

  Dalle risultanze degli studi condotti dal Centro Ricerche & Studi dell’Istituto degli Studi Giuridici Superiori, infatti, in alcune famiglie del centro sud, dove regna tutt’ora un atipico modus vivendi basato sulla prevaricazione, sull’ignoranza e sulla mancanza di rispetto, il fenomeno de quo non rientra pertanto nella casistica del mobbing, per cui risulterebbe più consono parlare di BULLYING o BOSSING.

   Nello Stalking invece, come il fenomeno viene denominato in America, non c’è certezza della perpetrazione del reato, in quanto il senso di fastidio, di intrusione, di controllo e di paura, proprio perchè sensazioni, sono soggettive e personali ed è quindi difficile stabilire una soglia, superata la quale si possa dire che questo tipo di reato è stato certamente ed oggettivamente commesso (ed è quindi legalmente perseguibile).

    Il termine “stalking”, d’altra parte, deriva dal linguaggio tecnico della caccia, traducibile in italiano con “fare la posta”.

In molti Paesi, come la stessa Italia, gli ordinamenti legislativi nazionali ignorano tale reato anche a causa della ridotta produzione di denunce sporte, che rendono nascosto il fenomeno ([1]).

       La sindrome del molestatore ossessivo si può definire come un insieme di comportamenti di sorveglianza e controllo ripetuti, intrusivi, volti a cercare un contatto con la vittima la quale a sua volta ne risulta infastidita, preoccupata, spaventata e può esser costretta a modificare il proprio stile di vita.

      Nei casi in cui la vittima viva la situazione nel peggiore dei modi, potrebbe arrivare anche ad una sofferenza psichica conclamata. Tale comportamento può presentarsi da solo oppure associato ad altri reati; nei casi più estremi può arrivare anche all’omicidio.

 

    Va inoltre annoverato tra gli studi del Centro Studi dell’Istituto degli Studi Giuridici Superiori, pubblicati nelle riviste dell’organo ufficiale di stampa della Consulta lex et Jus :

L’Obiezione Forense;

La Sindrome del Burn Aut Forense;

La Pre-sentenza;

Il Divieto ai minori delle Armi Giocattolo;

La Separazione Mite o Mediata;

La modifica dell’art.24 comma 7 L. 149/01;

Il monitoraggio e tutoraggio presso e dei titolari degli studi legali accreditati in materia ai giovani avvocati per accedere agli elenchi dei difensori di ufficio per i minori presso la Procura ed il Tribunale per i Minorenni, con certificazione di compiuta effettiva pratica;

Certificazione di multi professionalità degli studi in materia;

E tante altre anche in itinere.

 

Per approfondimenti si consigli consultare pubblicazioni della Collana Lex et Jus, partecipare ai Simposi organizzati  o visitare il sito: www.lexetjus.net;

 

Di seguito vengono riportate integralmente alcune pubblicazioni anche “ datate” raccolte in numerose riviste specializzate relative ai sopra citati studi e ricerche. Alcune potrebbero aver perso la loro attualità va rimangono punti significativi delle esigenze rilevate dalla classe forense.

 

Divorzio: L’Obiezione di Coscienza Forense;

 

Osservazioni, limiti e lacune normative sul nuovo istituto rilevato

dall’Istituto degli Studi Giuridici Superiori

  

Il presente  nuovo contributo, sebbene con contenuti calibrati e con toni sereni, apre in modo provocatorio un nuovo dibattito giuridico, morale e politico-forense, con la speranza di offrire spunti di riflessione e di analisi, tesi a definire la “ vexata quaestio” anche in ambito legislativo sulla nuova figura elaborata dall’Istituto degli Studi Giuridici Superiori e dall’Associazione Forense di Diritto di Famiglia e per la Tutela dei Minori di Napoli, denominata: “’Obiezione forense”.

 

DEFINIZIONE

 

“L’obiezione di coscienza è il rifiuto di obbedienza ad un comando dell’autorita’, ritenuto ingiusto o delittuoso per ottemperare ad una norma morale” (1)

 

PUNTO DI PARTENZA: LA SCIENZA

ex ARTICOLO 4:Codice Deontologico

 

“La professione forense trova stimolo e forza nella liberta’, che si manifesta nella indipendenza, comune alle altre professioni liberali.

L’avvocato non solo deve difendere le liberta’ altrui, ma deve rispettare la propria, accettando o rifiutando un incarico secondo quanto gli detta la sua coscienza.

In tale liberta’, tuttavia, egli deve tener presente la necessita’ del suo ministero, a tutela dei cittadini, dei loro legittimi interessi e della civile convivenza”.

 

Il citato articolo, raccolto nel codice deontologico forense, privo di distonie letterali si presenta chiaro e significativo, senza bisogno di commenti interpretativi.

Tuttavia, attraverso una lettura comparata di carattere normativo, emerge con amarezza che i principi ut sopra enunciati trovano impedimenti ostativi nella loro affermazione.

Infatti  l’articolo 11 della Legge professionale Forense prevede: che il procuratore non puo’, senza giustificato motivo, rifiutare il suo ufficio” – ed inoltre nell’art.11 del gia’ citato Codice deontologico, rubricato: “ Dovere di Difesa”  leggesi anche: “ L’avvocato deve prestare la propria attivita’ difensiva anche quando ne sia richiesta dagli organi giudiziari in base alle leggi vigenti” ….” II.Costituisce infrazione disciplinare il rifiuto ingiustificato di prestare attivita’ di gratuito patrocinio….”.

 

E’ chiaro che  da queste premesse sembra trovarsi davanti ad un obbligo e non ad una facolta’ professionale.

Tale obbligo non lascia spazio giustificativo ad un avvocato cattolico, obiettore di coscienza, nominato di ufficio per patrocinare taluni divorzi, per sottrarsi  dall’incarico conferitogli.

 

Sebbene ad oggi, in Italia, non sembra ritrovare alcuna traccia in documenti giuridici aventi ad oggetto il problema in esame, una vivace scuola giuridica napoletana (2) ha ritenuto porsi definitavamente il problema, esaminandolo da piu’ ottiche, proponendo possibili soluzioni.

 

LA COSCIENZA

 

Occorre precisare che il detto problema nasce alla luce delle recenti dichiarazioni ed esortazioni del Papa Giovanni Paolo II nel suo discorso all’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale della Rota Romana, e alle consequenti affermazioni perentorie rese su una rete televisiva  dal Presidente Nazionale dell’Ordine degli Avvocati, che ha replicato  alle esortazioni del Papa, dirette agli operatori del diritto di declinare il patrocinio delle cause di DIVORZIO, sostenendo: che nessun avvocato nominato d’ufficio puo’ sottrarsi o rifiutare  incarichi relativi a procedure di divorzi….. .

 

L’indagine dell’I.S.G.S. LE SEPARAZIONI FITTIZIE

 

 Da una attenta analisi delle affermazioni del Pontefice  emerge che le sue preoccupazioni hanno origine dalle recenti risultanze I.S.T.A.T. relative al crescente  numero di separazioni dei coniugi in Italia,  che sembrerebbe aver raggiunto una percentuale superiore a 119,3% in piu’ nell’ultimo ventennio in tutto il territorio nazionale.

 

Ma chi scrive, tuttavia, anche per fugare le ragionevoli preoccupazioni del Papa, prima di presentare possibili soluzioni, ritiene di rilevare che in seguito ad una recente ricerca statistica-professionale, ancora in itinere, condotta dall’ISTITUTO DEGLI STUDI GIURIDICI SUPERIORI in collaborazione con l’ASSOCIAZIONE FORENSE DI DIRITTO DI FAMIGLIA E PER LA TUTELA DEI MINORI di Napoli, è emerso che dietro i dati raccolti dall’ISTAT, sebbene corretti,  si celano, purtroppo innumerevoli separazioni fittizie.

 

Tanto che il rapporto statistico ISTAT: SEPARAZIONI-DIVORZI in Italia risulterebbe sproporzionato.

Un dato certo quindi.

 

L’INCHIESTA  DEL MATTINO DI NAPOLI

 

Ma potra’ tornare utile, a conferma, ricordare l’interessante intervista  condotta da una nota giornalista napoletana del “Mattino di Napoli” (dr.ssa Cinzia Brancato)  pubblicata il 20.3.2002, alla Direzione dell’Istituto degli Studi Giuridici Superiori, ove si legge:” Un’indagine rivela: tanti gli “addii” fittizi per ottenere vantaggi economici e fiscali. …dietro il numero degli addii (119,3 % in piu’ nell’ultimo ventennio in tutto il territorio nazionale) si nascondono spesso verita’ che sfuggono alle maglie, troppo larghe, della giustizia e ai controlli della Guardia di Finanza.Perchè non sempre dietro una separazione consensuale c’è il fallimento di un matrimonio.Anzi, sempre piu’ spesso, si cela la volonta’ di ricavare profitti economici che nulla, o molto poco, hanno a vedere con il disamore.

Sicchè, la separazione non sempre si decide in uno studio legale, quanto piuttosto davanti al proprio fiscalista o commercialista. …i vantaggi? : motivi fallimentari (sottrazione di  beni a garanzia dei creditori), per ottenere posti all’asilo nido, per scavalcare graduatorie nei concorsi, o ottenere trasferimenti da una citta’ ad un altra, per riduzione di tasse,  per assegnazione di case popolari, per concessioni di provvidenze economiche quali assegni/pensioni di invalidita’ civile ( cfr limiti reddito familiare), ed altro.

Quanto precede non necessita di commenti, ma lascia certamente riflettere.

 

IL VUOTO NORMATIVO

 

Tuttavia sul punto occorre, senza alcuna “disputandi grazia”, fare altre doverose precisazioni.

Fermo il disposto normativo e deontologico forense, preso atto dei principi enunciati dal Papa, ad ogni avvocato cattolico non rimane che l’irrisolto dilemma e conflitto tra scienza e coscienza.

Eppure, pur risultando per ogni professione la facolta’ di poter invocare il principio dell’obiezione di coscienza, proprio ai “ principi del diritto” non sembrerebbe sussistere una norma di protezione.. Infatti,  per medici e psicologi, per personale sanitario ed esercente attivita’ ausiliarie è prevista la facolta’ di invocare  l’obiezione di coscienza con la legge del 22 maggio 1978 n.194 art.9 e segg. (Maternita’ ed Infanzia e sull’interruzione della gravidanza). Anche per i militari di leva è prevista l’obiezione di coscienza  con la legge del 15 dicembre 1972 e successive modificazioni ed integrazioni se dichiarano “ di essere contrari  in ogni circostanza all’uso dellle armi per imprescindibili  motivi di coscienza., attinenti ad una concezione generale della vita basata su profondi convincimenti religiosi o morali e filosofici”.

 

NOTE STORICHE

 

Per ragioni intuibili, l’obiezione dii coscienza è stata vista  in passato in modo estremamente sfavorevole, dapprima in nome del principio del cuius regio eius et religio, dopo alla riforma protestante, in seguito, perchè in totale contrasto con la concezione sia dello Stato etico sia dello Stato totalitario. 

La natura stessa della nostra Repubblica,  affida al gioco democratico la costituzione dell’ordinamento normativo, rifiutando qualsiasi intrusione legislativa nelle coscienze dei cittadini.

E’chiaro che la necessita’ di accertare la sussistenza di una vera liberta’ di opinione tradotta in realizzazione pratica giustifica le cautele con le quali lo Stato si avvicina  all’obiezione di coscienza e la necessita’ che nella massima parte dei casi l’estrinsecazione concreta dell’obiezione sia preceduta da apposite disposizioni legislative, il che pero’ non significa che tale disposizioni siano di stretta interpretazione e che l’istituto dell’obiezione abbia carattere eccezionale, che anzi esso trova il suo fondamento proprio nella Costituzione.

 

IN ITALIA

 

sul piano concreto il problema a livello nazionale è stato posto da due famose sentenze  ( Pretura di Ancona 9 ottobre 1979, est.D’Ambrosio; Tribunale di Sondrio 11 febbraio 1983, est.Cernevale) che hanno avuto si una certa eco, ma forse minore di quanto meritassero e che, soprattutto, per quanto mi consta, non sono state poste in reciproca relazione.

La prima sentenza del Pretore di Ancona ( cfr. Giurisprudenza di merito n.4 -5/1982,parte II, pag.973 e/o Quaderni della Giustizia n.37/1984) è relativa ad un medico cardiologo “obiezione sanitaria ex art.9.IIIC. L.194/78”, l’altra invece richiamava il caso di un gruppo di cittadini imputati del delitto ex art. 415 c.p. relativamente ad un “ obiezione fiscale”.

 

“L’OBIEZIONE FORENSE”

 

Tuttavia, oggi, il problema viene riaperto e  riproposto, su un piano accademico e dottrinale avente ad oggetto un altra tipologia di obiezione di coscienza che chi scrive definisce “ obiezione forense” che certamente aprira’ nuovi dibattiti non solo negli ambienti giudiziari, religiosi e forensi, ma anche politici-normativi, atteso che la “ quaestio de qua” risulta interessare un elevato numero di avvocati della famiglia (.3), che esercitano di fatto oltre una funzione legale anche una significativa funzione sociale nel tessuto familiare nazionale.

 

IL CONFLITTO NEL CONFLITTO

 

Tuttavia, indipendetemente dalla facolta’ o meno di invocare la detta “ obiezione di coscienza forense”, diversamente da quanto accade nelle altre professioni, per gli avvocati cattolici, entra in gioco un altro conflitto nel conflitto “ Scienza/coscienza”, quando viene richiesto il suo intervento attraverso la richiesta di divorzio, in presenza di violenze fisiche e psicologiche ed abusi posti in essere da un coniuge nei confronti dell’altro o della prole.

I detti casi, purtroppo, spesso sono quelli piu’ frequenti. E’ chiaro, che in presenza anche di una auspicata norma che preveda per gli avvocati cattolici  “ l’obiezione forense ”,  risulta difficile ipotizzare che in nome della fede si permettano passivamente e allungando i tempi della giustizia ( con dichiarazioni di obiezione e con la ricerca di altro legale di ufficio con lungaggini di tempo conseguenti per effettuare e raccogliere  la disponibilita’ di altro legale) a danno, spesso di donne e bambini, il reiterarsi di violenze che nel tempo  lasciano  segni indelebili fisici e psicologici.

 

UN SIGNIFICATIVO SILLOGISMO

 

Pertanto, volendo effettuare un sillogismo giuridico-normativo, con  la L.194/78,  potremmo ritenere la sussistenza sia per i medici che per gli avvocati obiettori del limite imposto dalla legge e dalla Costituzione (art.32) al diritto alla salute, in qualunque momento emerga,   nel caso di  pericolo di vita nel caso dell’aborto  o pericolo di vita o alla propria incolumita’ fisica e pscicologica di un coniuge in seguito a violenze subite e subendi da parte dell’altro.

Consegue che puo’ verificarsi un conflitto fra beni costituzionalmente protetti ( salute della donna e l’obiezione di coscienza), che renderebbe opportuna, se non necessaria, una specifica regolamentazione normativa dei rapporti fra i due diritti.

E’ chiaro, quindi, che la scelta di obiezione dell’avvocato cattolico, in tali casi, proprio in nome della fede,  non avrebbe logica di accesso, anche alla luce di quel principio che insegna: “ che non vi è Carita’, senza Giustizia”.

 

LA FUNZIONE SOCIALE  DELL’AVVOCATO

 

A questo punto erge, in questo complesso excursus dottrinale, la figura nobile dell’Avvocato, da sempre  interprete di chi invoca giustizia per la propria liberta’.  Si legge nell’Ecclesiaste  che Dio, dopo aver creato gli uomini, abbandono’ il mondo alle loro disputazioni “ et mundum tradidit disputationi corum”: per cui potremmo dire che l’Avvocatura è stata creata ad un tempo con l’uomo stesso, e la sua storia ebbe inizio con una causa civile tra Adamo e Jeova per il possesso del paradiso terreste, terminata con uno sfratto, perchè Adamo fu sfrattato, e con uno sfratto per di piu’ manu militari, e continuo’ con una causa penale , il fratricidio di Caino. E poichè in ebraico Caino significa possidente, ed Abele nullatente, col fratricidio inizia la stessa lotta di classe.(4)

Con cio’ , si vuole giungere ad affermare che fin dai tempi piu’ antichi, la funzione dell’uomo di legge, dell’interprete, del consigliere, del difensore, è coeva con la storia della civilta’ e non puo’ essere avulsa dai valori etici, morali  ne’ religiosi  Ecco perchè la toga ha sempre camminato con i tempi, e talvolta li ha anticipati.

In questo tormento tra Scienza e coscienza dell’avvocato cattolico nella sua missione della Giustizia e la sua funzione sociale , i principi che ieri si credevano immutabili, oggi gli stessi si rivelano mutevoli come la sabbia.

 

Chi scrive non si illude certo che quanto si è finora scritto puo’ valere a risolvere il problema in esame, che deve rimanere, per la sua complessita’ e per le sue innumerevoli variabili umane, sociali, giuridiche e religiose lasciata la soluzione alla decisione di ogni avvocato, senza ingerenze alcune.

Si ritene interessante anche rilevare che, diversamente dalle critiche del mondo laico, anche la non tanto recente morale cattolica ha dato maggior rilievo, con precisi riflessi nell’ordinamento ecclesiale, istituzionale, alle ragioni di coscienza dei fedeli. Con riferimento, ad esempio, alla posizione nell’ambito della Chiesa di chi, dopo aver contratto matrimonio religioso ed avere ottenuto sentenza di cessazione degli effetti civili, sia passato a nuove nozze (celebrate con il solo rito civile) l’Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi riunita in Roma nell’autunno 1980 ha ritenuto che si “ puo’, evitando lo scandalo, concedere l’autorizzazione di ricevere la comunione, venendo incontro a un motivato giudizio di coscienza “ a coloro che, pur non potendone fornire la prova giudiziaria, “sono giunti alla motivata convinzione di coscienza circa la nullita’ del loro primo matrimonio” (5).

Si confida solo di aver dato, con il presente scritto, un piccolo contributo al formarsi della persuasione che la vera liberta’, di cui l’obiezione di coscienza  è la principale manifestazione, non è mai eversiva nè di ostacolo allo sviluppo e al progresso di istituzioni civili e religiose, che si dichiarano libere non solo negli scritti e con le parole, ma in particolare nei fatti.

E’ proprio nei  fatti e nelle piccole cose che si misura la democrazia di un popolo e la credibilita’ di cio’ che si professa in un mondo sociale dove occorrono meno profeti e piu’ testimoni.

 

IN CONCLUSIONE

Pertanto, potrebbe non essere un caso, che non esista una normativa disciplinatrice dell’obiezione forense, perchè in mancanza sembra poter attribuire proprio agli avvocati cattolici la facolta’ di valutare caso per caso, di assumere le dovute difese o suggerire gli eventuali rimedi.

Non è nemmeno un caso, che attualmente, i nuovi studi specializzati in diritto di Famiglia e Diritto minorile, purtroppo, ancor pochi, hanno ormai superato quella tipologia di lavoro di carattere artigianale, proiettandosi in un lavoro pmultiprofessionale di equipe, in rete  o collegiale, affinando ed aggiornando  la propria formazione ed aggiornamento professionale, frequetando SCUOLE DI LEGGE di alta formazione in materia, altamente specializzate, ed attigendo da esse i nuovi strumenti professionali (6)per fronteggiare le nuove esigenze, bisogni e  problematiche emergenti che le famiglie italiane richiedono e di cui hanno bisogno.

In questo difficile momento storico, nel quale strani orientamenti politici cercano affannosamente di spogliare gli avvocati di funzioni da sempre dagli stessi assolti con competenza ed equilibrio, occorre concludere richiamando l’importanza sociale dell’opera dell’Avvocato, secondo  il pensiero dell’Avv.Pietro D’Ovidio di Roma (6):

“  L’importanza sociale dell’opera dell’Avvocato è pari a quella del sociologo, del romanziere, dell’artista, dello scienziato, ma con una differenza che stabilisce la superiorita’ e le maggiori difficolta’  del primo sugli altri; gli uni possono secondare dolcemente i riposi e i risvegli dell’estro ed empire tutta la loro vita anche di una opera sola; l’altro, l’Avvocato, ha il dovere etico, giuridico e sociale di chiamare a raccolta tutte le proprie energie nell’ora che non gia’ egli sceglie, ma in quella che gli eventi gli impongono; gli uni lavorano nel silenzio e in solitudine, nella luminosa fucina dell’ispirazione, l’altro nella fucina ardente delle aperte competizioni”.

Nel conflitto tra la scienza e la coscienza, nel quale si confrontano e si oppongono fede e diritto, e ideali di liberta’ e di difesa  e tanti altri valori della vita sociale, la soluzione potrebbe essere di lasciare alla coscienza di ogni Avvocato la scelta da operare senza porre impedimenti normativi e morali.

 

A questo punto la migliore conclusione è proprio lasciare l’ultima parola …alla difesa!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



([1]) Solo nel 15% dei casi le vittime sporgono denuncia, motivo per cui si può ritenere che le notizie pervenute circa la perpetrazione del reato sono solo una piccola parte di un fenomeno, a quanto pare, sommerso.


Corso di Criminologia Minorile: ANNO 2014

 Dal 20/12/13 sarà possibile presentare presso la Segreteria della Scuola di Legge dell’Istituto degli Studi Giuridici Superiori di Napoli formale istanza di partecipazione al Nuovo Ciclo di Studi di Diritto di CRIMINOLOGIA Anno 2014 organizzato in collaborazione scientifica con l’UNIONE NAZIONALE CAMERE MINORILI MULTIPROFESSIONALI D’ITALIA e diversi Ordini Professionali;

PROGRAMMA, MODALITA’ ISCRIZIONE, ED INFO  NEI PROSSIMI GIORNI SUL PRESENTE PORTALE.

Il Corso sarà a numero Chiuso. E’ Prevista una possibile quota di partecipazione a titolo di copertura spese e colloquio conoscitivo .

PRESENTAZIONE UFFICIALE CORSO DURANTE IL CONGRESSO REGIONALE DELL’UNIONE ddd.

Il presente Ciclo di Studi si alternerà con quello di Diritto di Famiglia e Minorile.

MANIFESTO SEMINARI CRIMINOLOGIA 2014


Corso di Diritto Minorile e Famiglia ANNO 2014

 Dal 20/12/13 sarà possibile presentare presso la Segreteria della Scuola di Legge dell’Istituto degli Studi Giuridici Superiori di Napoli formale istanza di partecipazione al Nuovo Ciclo di Studi di Diritto di Famiglia e Diritto Minorile Anno 2014 organizzato in collaborazione scientifica con l’UNIONE NAZIONALE CAMERE MINORILI MULTIPROFESSIONALI D’ITALIA e diversi Ordini Professionali;

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Il Corso sarà a numero Chiuso. E’ Prevista una possibile quota di partecipazione a titolo di copertura spese e colloquio conoscitivo .

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