Istituto degli Studi Giuridici Superiori

Direttore scientifico: Avv.Manlio Merolla

L’istituto giuridico : L’ Affido Familiare di Manlio Merolla

L’istituto giuridico : Affido Familiare

Avv.  Manlio Merolla  –  lexmerolla@libero.it

1.1  Che cosa s’intende per Affido Familiare: la ratio;

                        2.2 Affidamento come alternativa all’istituto;

2.3 Tipologie dell’Istituto;  2.4 Servizi sociali e Giudici Minorili;

 

 

 Capitolo II

– L’istituto giuridico –

 

                2.1Che cosa s’intende per Affido Familiare: la ratio;

                        2.2 Affidamento come alternativa all’istituto;

2.3 Tipologie dell’Istituto;  2.4 Servizi sociali e Giudici Minorili;

 

                             

                2.1 Che cosa s’intende per Affido Familiare: la ratio;

L’art. 2 L. 184/83 sostituito nel marzo 2001 dalla L. 149/01:

Art. 2- 1.Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposti ai sensi dell’articolo 1, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola,in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione,l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno.

2.Ove non sia possibile l’affidamento nei termini di cui al comma 1, consentito l’inserimento del minore in una comunita’ di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato, che abbia sede preferibilmente nel luogo piu’ vicino a quello in cui stabilmente risiede il nucleo familiare di provenienza. Per i minori di eta’ inferiore a sei anni l’inserimento puo’ avvenire solo presso una comunita’ di tipo familiare

3.In caso di necessita’ e urgenza l’affidamento puo’ essere disposto anche senza porre in essere gli interventi di ci all’articolo 1, commi 2 e 3.

4.Il ricovero in Istituto deve essere superato entro il 31 dicembre 2006 mediante affidamento ad una famiglia e, ove cio’ non sia possibile, mediante inserimento in comunita’ di tipo familiare caratterizzate da organizzazione e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia.

5.Le regioni, nell’ambito delle proprie competenze e sulla base di criteri stabiliti dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, definiscono gli standard minimi dei  servizi e dell’assistenza che devono essere forniti dalle comunita’ di tipo familiare e dagli Istituti e verificano periodicamente il rispetto dei medesimi.

 

 

 

Come abbiamo già premesso, e come viene ribadito dal combinato di leggi N. 184/83: intitolata “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori” e la L. 149/2001, che già nella sua prima intestazione enuncia che ogni minore ha il diritto ad avere una propria famiglia, lascia intendere come il legislatore abbia voluto fortemente disporre di favorire la crescita di ciascun minore nella sua famiglia d’origine se idonea o in alternativa nell’ambito di una famiglia[1], dove deve essere assicurato senza distinzione di sesso, di etnia, di età, di lingua, di religione e nel rispetto della sua identità culturale del minore stesso e comunque non in contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento.

Si è parlato di idoneità della famiglia di origine e pertanto la stessa si intende fisica e/o psichica. Nel contempo l’inidoneità di una famiglia di origine può configurarsi secondo i casi in temporanea, sanabile o insanabile.

Ma un principio rimane fermo nella logica dell’individuazione della inidoneità delle famiglie d’origine, peraltro già indicato in giurisprudenza[2] e ripreso nel dettato della L. 149/01 all’art. 1 comma 2, precisamente: che uno stato di povertà genitoriale non può giustificare l’allontanamento del minore dalla sua famiglia di origine. E pertanto in tal caso è doveroso ogni intervento di sostegno da parte degli enti assistenziali.

Nel caso di ipotesi di “insanabilità” dell’incapacità genitoriale della famiglia di origine, intesa come impossibilità di recupero, la stessa legge interviene indicando una tassativa elencazione di possibili e potenziali affidatari ai quali è devoluto il compito educativo dei minori.

Dapprima vengono indicati i familiari (famiglia, persona singola) poi le comunità di tipo familiare, e solo infine, purtroppo gli istituti di assistenza pubblica o privata, nati in passato dall’iniziativa privata e governati da criteri “caritativi”.

Spesso assai discutibili e lontani dalle logiche e studi più moderni di carattere psico-pedagogico e sociologico del nostro tempo.[3]

 

 

 

2.2 L’AFFIDO COME ALTERNATIVA ALL’ISTITUTO

E’ pacificamente riconosciuto dai più avanzati studi nel settore, che un assetto familiare, rappresenta un contesto indispensabile per l’evoluzione del bambino che facilita il raggiungimento dell’autonomia e dell’equilibrio psico-affettivo.

Per contro, appare chiaro invece che l’Istituto non permette al bambino di conseguire un sano ed armonico sviluppo della sua personalità a causa di numerosi fattori quali:

 

  • L’uniformità di norme indirizzate a minori diversi per origini e carattere;

     

  • L’anonimità;

     

  • Il formalismo;

     

  • Gli spazi ed ambienti concentrati.

     

     

    Il coacerbo di tanti fattori costituiscono pertanto e senza dubbio un serio impedimento ostativo per ciascun bambino al raggiungimento di una sufficiente integrazione delle pulsioni e di conseguenza di una adeguata formazione di una personalità critica e matura.

Ciò stante, tenuto conto delle numerose considerazioni teoriche e pratiche di riguardo, si è reso necessario garantire al bambino che non può vivere nel suo nucleo familiare o parentale una famiglia sostitutiva più sana di quella d’origine, senza però costringerlo a rinunciare alla propria.

Pertanto si ricorre all’affido, in alternativa all’Istituto, con lo scopo di permettere a dei bambini di vivere da bambini.

L’elemento più significativo dell’Affido è il rapporto con gli affidatari, che non spezza, né rende vani i rapporti del bambino con la famiglia naturale, anzi l’affido vuol tendere a mantenere tale rapporto, a facilitarlo e a rafforzarlo.

Assume quindi l’Istituto in esame un chiaro significato di aiuto della società alle famiglie in crisi, o più precisamente ai loro figli.

Ma i problemi più frequenti che si registrano nel corso degli Affidamenti nascono proprio dalle famiglie affidatarie, che vorrebbero un ritorno duraturo dei bambini che ritengono nel tempo “tutto loro” e dove temono che il lavoro educativo e gli sforzi affrontati per lo stesso possano vanificarsi con il rientro del bambino in un ambiente spesso patogeno o negativo.

Al detto limite, che si contrappone ad una visione di famiglia nucleare, invece emerge d’altro conto un grande vantaggio al minore: cioè, la possibilità di un sano sviluppo psicologico e lo stabilire una pluralità di rapporti, allontanando tuttavia lo spettro di provvedimenti più eccezionali in casi di abbandono conclamati ed irreversibili come l’adozione.

 

 

 

 

 

 

 

 

2.3 TIPOLOGIE DELL’ISTITUTO

Alla base di ogni affido necessita che gli operatori sociali, in particolare i servizi sociali competenti, effettuino con non poche difficoltà una “diagnosi e una prognosi” di carattere socio-familiare, per determinare tempi, difficoltà, e modalità di rientro del minore.

 

La suddetta “Diagnosi – Prognosi” dovrà tenere conto delle seguenti circostanze:

 

  1. Una esatta individuazione delle deficienze e difficoltà della famiglia di origine;
  2. Individuazione di una motivata richiesta di affido temporaneo dei propri figli da parte della famiglia di origine;
  3. Ricerca di figure parentali significative nell’ambito della famiglia sia come supporto integrativo, che come potenziali affidatari;
  4. Esame di obiettiva  “Temporanietà” e non di “reiterato stato abbandonato “;
  5. Valutazione di effettiva sussistenza affettiva dei genitori verso i figli e loro accettazione a collaborare alla realizzazione progettuale di un programma – affido”;
  6. Indagine socio-ambientale per individuare ed eliminare anche cause ambientali impeditive per un buon rientro in famiglia (miglior strutturazione logistica dell’appartamento – ricerca e partecipazione di una casa popolare (es. ICIAP) – richiesta di assegni di famiglia – presentazione domande c/o ASL per eventuali assegni d’invalidità – istanze presso Comune assegni del minimo sostentamento ed altro);
  7. Programma di incontri – verifiche;
  8. Audizione del minore per raccolta opinioni;
  9. Previsione rientro del minore in famiglia d’origine dopo fase “Baliatica”;
  10.  Relazioni periodiche alle A.G. – partecipazione delle parti interessate “genitori – affidatari” delle fasi programmatiche e risultati ottenuti.

     

     

    All’uopo, chi scrive, suggerisce la redazione di una scheda conoscitiva di orientamento, sintetica e sommaria, al fine di memorizzare tutti i dati in modo chiaro e preciso.[4]

     

    È chiaro, dunque, che la tipologia degli affidamenti varia secondo il tempo della durata degli stessi, si potranno quindi individuare tipologie in base al tempo:

     

  • ADOZIONE MANCATA: quando il bambino di fatto vive in una situazione di “semi-abbandono” che non può essere definito giuridicamente dall’A.G. (TPM), spesso dovuta per incapacità riconosciuta dal nucleo di origine ;

     

  • AFFIDAMENTO A LUNGO TERMINE O MEDIO-LUNGHI: Spesso anche a lunghissimo termine con mantenimento dei rapporti “figlio-genitori di origine” con la stretta collaborazione dei SS.SS.

     

     

  • AFFIDAMENTI BREVI: Quando ad esempio i genitori sono costretti entrambi a ricovero ospedaliero; o ancora per il periodo necessario per trascorrere le vacanze estive (idonie);

     

  • AFFIDAMENTO GIORNALIERO ( DAY DAY): Questo tipo di affidamento è previsto quando i genitori lavorano durante il giorno e pertanto i figli fanno rientro in serata in famiglia.

     

     

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 2.4. SERVIZI SOCIALI E GIUDICI MINORILI

 

 

REDAZIONE DEL PROGRAMMA

 

Alla base di ogni affido necessita che gli operatori sociali, in particolare i servizi sociali competenti, effettuino con non poche difficoltà una “diagnosi e una prognosi” di carattere socio-familiare, per determinare tempi, difficoltà, e modalità di rientro del minore.

 

Con la legge n.149/01 si accentua rispetto alla L.n.184/83 il RAPPORTO DI COLLABORAZIONE E DI INFORMAZIONE TRA SERVIZI E GIUDICI:

  • Obblighi servizi sociali nel corso dell’affido:
    1. COMUNICARE “ ogni evento di particolare rilevanza”
    2. PRESENTARE “una relazione semestrale sul programma di assistenza” (art.4, punto 3, ult.comma);

       

LA DIAGNOSI – LA PROGNOSI

La suddetta “Diagnosi – Prognosi” dovrà tenere conto delle seguenti circostanze:

  1. Una esatta individuazione delle deficienze e difficoltà della famiglia di origine;
  2. Individuazione di una motivata richiesta di affido temporaneo dei propri figli da parte della famiglia di origine;
  3. Ricerca di figure parentali significative nell’ambito della famiglia sia come supporto integrativo, che come potenziali affidatari;
  4. Esame di obiettiva  “Temporanietà” e non di “reiterato stato abbandonato “;
  5. Valutazione di effettiva sussistenza affettiva dei genitori verso i figli e loro accettazione a collaborare alla realizzazione progettuale di un programma – affido”;
  6. Indagine socio-ambientale per individuare ed eliminare anche cause ambientali impeditive per un buon rientro in famiglia (miglior strutturazione logistica dell’appartamento – ricerca e partecipazione di una casa popolare (es. ICIAP) – richiesta di assegni di famiglia – presentazione domande c/o ASL per eventuali assegni d’invalidità – istanze presso Comune assegni del minimo sostentamento ed altro);
  7. Programma di incontri – verifiche;
  8. Audizione del minore per raccolta opinioni;
  9. Previsione rientro del minore in famiglia d’origine dopo fase “Baliatica”;
  10.  Relazioni periodiche alle A.G. – partecipazione delle parti interessate “genitori – affidatari” delle fasi programmatiche e risultati ottenuti.

     

     

     

     

    Poteri di vigilanza e doveri di informazione dei servizi sociali nell’affidamento*.

 

Il servizio sociale del comune di residenza del minore ha la responsabilità del programma di assistenza, e la vigilanza sull’osservanza degli obblighi assunti dalle parti. Solo nel caso in cui la famiglia d’origine risieda in un comune diverso rispetto a quella di residenza della famiglia affidataria, la vigilanza sull’affido spetta ai servizi sociali di quest’ultimo, che possono più agevolmente seguire da vicino la famiglia affidataria. In tal caso, i rispettivi responsabili del procedimento affido, presenteranno al giudice in forma congiunta, la relazione semestrale ex art. 4 co. 3 ultima parte.

 

 

Le funzioni dei servizi sociali ex art. 5 co 2*.

 

Con la formulazione ampia delle “norme di chiusura”, si determinano gli ulteriori compiti dei servizi sociali, che possono essere svolti oltre che d’ufficio, su impulso dell’autorità giudiziaria.

Può essere richiesto il sostegno educativo e psicologico, che prevede il supporto terapeutico specialistico idoneo al caso.

Per quanto concerne il sostegno educativo alla famiglia d’origine, acquista sempre più rilevanza una nuova figura professionale, quella del mediatore familiare.

Il mediatore familiare non interviene direttamente nella procedura di affido familiare, ma svolge un ruolo parallelo, in caso di crisi familiare acuitasi al punto tale da indurre i coniugi a rivolgersi ai propri legali e dar corso ad un procedimento di separazione giudiziale.

Il mediatore familiare richiama i coniugi al ruolo genitoriale, e li sostiene a svolgerlo con serenità ed equilibrio, nonostante la crisi, per evitare che, più o meno consapevolmente, si riversi sul minore il conflitto di coppia. Il mediatore familiare può inoltre consigliare le parti e i rispettivi legali, in ordine alla determinazione delle modalità di affidamento e di visita del minore, per assicurare a quest’ultimo la costante presenza di entrambe le figure genitoriali.

 

 In particolare: le innovazioni nei rapporti tra giudice e servizi

nella procedura di affido familiare*.

 

Nella previgente normativa erano previsti obblighi di vigilanza a carico dei servizi sociali, nel corso del periodo di affidamento. Tuttavia, i servizi medesimi erano tenuti soltanto a riferire sull’esito della procedura. Il giudice restava ai margini della vicenda dell’affidamento, limitandosi ad un controllo iniziale sul provvedimento di affido e successivamente interveniva solo allorché venissero sollecitati i suoi poteri dispositivi, come in caso di esito negativo del progetto. Ciò ha “portato nel corso degli anni ad una amministrativizzazione dell’affidamento, con progressivo isolamento del momento giurisdizionale[5].

Con la legge N.149 del 2001 si accentua rispetto alla L. N.184, il rapporto di collaborazione e di informazione tra servizi e giudice. Ciò si evince, in particolare, dagli obblighi che la normativa pone ai servizi sociali nel corso dell’affido: di comunicare –come si è visto – “ogni evento di particolare rilevanza”, nonché di presentare una relazione semestrale sul programma di assistenza (art.4, punto 3, ult. comma). Proprio da tali obblighi di comunicazione a carico del servizio sociale, si desume che la riforma abbia introdotto implicitamente, un generico potere di vigilanza del giudice sull’attività del servizio sociale[6].

Nella disciplina dell’affido familiare, con riguardo al periodo in cui perdura l’affido, è stata rilevata una grave lacuna del legislatore della riforma, il quale non regola i rapporti del giudice con i servizi, e nulla prevede circa un eventuale potere di ingerenza del primo nella procedura, con provvedimenti correttivi o di indirizzo.

In merito appaiono condivisibili gli sforzi interpretativi, volti ad individuare una soluzione che non propenda né per la “giurisdizionalizzazione”, né per l’”amministrativizzazione” dell’affido. Si ritiene che il giudice debba in un primo momento, operare in veste propositiva, col suggerire ai servizi le indicazioni o le correzioni opportune “al fine di rimettere nel giusto binario l’affidamento” e solo nel caso di “inattività o malattività”, allorquando, cioè, le correzioni e i suggerimenti vengano gravemente disattesi, con rischio di conseguenze pregiudizievoli per il minore, il giudice medesimo possa agire in veste autoritativa, adottando i provvedimenti più incisivi, in virtù dei poteri riconosciuti all’organo giurisdizionale nell’interesse del minore[7]. Ciò in virtù dell’applicazione dei principi generali del diritto di famiglia, secondo cui il giudice è l’organo istituzionalmente qualificato a valutare e tutelare tale interesse.

 

  

Prassi operativa dei servizi sociali e diritto alla difesa della famiglia.

La decisione del Garante per la privacy*[8].

 

Il Garante per la tutela della Privacy con provvedimento del 28 settembre 2001 (Presidente Rodotà, relatore Paissan ), ha dichiarato l’illegittimità di una prassi con la quale la gran parte dei Servizi Sociali dei Comuni italiani hanno si rapportavano agli organi della giustizia minorile[9].

In caso di indagini loro affidate nel corso di procedimento civile davanti al Tribunale per i Minorenni, i Servizi Sociali rifiutavano di far conoscere alla famiglia naturale del minore, i dati personali e i giudizi relativi alle loro indagini, che venivano trasmessi soltanto ai Giudici che dette indagini avevano disposte.

Ciò comportava l’illegittima ingerenza nella privacy della famiglia e per converso, la lesione del diritto alla difesa delle famiglie indagate. Di conseguenza, i giudici minorili fondavano loro decisioni, e in specie quelle relative alla decadenza della potestà parentale, all’affidamento del minore ad altra famiglia, e altri provvedimenti con effetti potenzialmente pregiudizievoli, basandosi sui dati personali e sulle relative valutazioni, fornite loro dai Servizi Sociali. Il tutto nella assoluta segretezza rispetto a coloro cui tali dati si riferivano. Tale situazione, impedendo ai soggetti interessati la possibilità di rettifica, integrazione, impugnazione, si traduceva in una grave lesione del diritto alla difesa sostanziale (art. 24 Cost.).

Il Garante per la Privacy, in una vicenda di separazione e affido minori, ha ordinato ai Servizi Sociali di comunicare al genitore tutti i dati personali in possesso dell’ufficio e le valutazioni da questo effettuate in merito.

Sarà possibile, pertanto, da parte della famiglia indagata, far valere questa decisione del Garante, per impedire al Giudice Minorile di decidere su dati personali e giudizi, di cui la famiglia è tenuta all’oscuro dai servizi sociali. Inoltre, il Giudice stesso, ad opera della famiglia interessata, disporrà di altri utili elementi di confronto per ponderare e valutare in una più completa visuale, i dati elaborati e comunicati dai servizi sociali.

 

6. Il problema opposto: la tutela della riservatezza dei dati relativi al minore e alle famiglie

L’art. 40 della L. N.149 prevede l’istituzione, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della

legge, di una banca dati presso il Ministero della Giustizia, relativa ai minori dichiarati adottabili, ai coniugi aspiranti all’adozione nazionale e internazionale, con l’indicazione di ogni informazione utile a garantire il miglior esito del procedimento. La banca dati è messa a disposizione di tutti i tribunali per i minorenni ed aggiornata con cadenza trimestrale.

Si tratta di una banca dati di rilevanza notevole per l’ampiezza e la tipologia delle informazioni. Si pone pertanto, il problema della riservatezza dei dati cosiddetti sensibili, secondo il disposto della legge N.675/1996 (art. 22, 1 comma: ossia incidenti sulla sfera di riservatezza personale e sulle scelte di vita). Nonché quello del coordinamento di questa legge con il co. 3 dell’art. 40.

La normativa, non prende in considerazione invece il problema della raccolta e delle modalità di utilizzazione della copiosa mole di dati sensibili, relativi alle famiglie, da parte sia dei servizi sociali (supra, par.6) che delle associazioni private che operano nel settore della famiglia.

Quanto ai dati raccolti e utilizzati dai soggetti preposti alle strutture dei servizi sociali, le disposizioni sulla riservatezza, al di là delle ipotesi previste dall’art. 73, vanno coordinate e integrate con le norme che regolano il segreto professionale cui sono tenute in particolare, le figure qualificate (ad es. medici, assistenti sociali) che collaborano col giudice.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo III

– I presupposti e condizioni –

 

3.1 La caratteristica principale: la tendenziale temporaneità;

3.2 Il mantenimento dei rapporti con la famiglia di origine;

3.3 Doveri e Poteri degli Affidatari;

3.4. Opinioni ed osservazioni;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo III

– I presupposti e condizioni –

 

3.1 La caratteristica principale: la tendenziale temporaneità;

3.2 Il mantenimento dei rapporti con la famiglia di origine;

3.3 Doveri e Poteri degli Affidatari;

3.4. Opinioni ed osservazioni;

 

 

 

3.1 LA CARATTERISTICA PRINCIPALE:

“ LA TENDENZIALE TEMPORANEITA’ ”

 

Un elemento caratterizzante dell’Istituto in esame è la sua temporaneità.

Sebbene alla luce dell’esperienza pratica risulterebbe più consono indicare come “Tendenziale Temporaneità”.

Tenuto conto, infatti dell’impossibilità di pianificare in modo definitivo e preventivo la durata e l’esito dell’affido, ciò che più volte viene richiesto sia dai Giudici che dai SS.SS. alle famiglie sia d’origine che affidatarie, delle specifiche doti di particolare disponibilità attesa sia l’evenienza di un affido breve che di una “pseudo-adozione”, spesso trasformata ad adozione.

L’elemento chiave che non permette di considerare questi minori in uno stato di abbandono é dovuto dal fatto che gli stessi comunque mantengono dei contatti con la famiglia d’origine.

Da una lettura attenta dell’art.2 della L.149/01 che sembra ricalcare fedelmente l’art.2 della L.184/83 viene enunciato che il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo può essere affidato a un’altra famiglia.

 

Nella pratica, tuttavia, la “temporaneità” dell’affido si presenta quasi come “non definitiva” della situazione di disagio del minore nella sua famiglia apposta a quella dello stato di abbandono, presupposto tipico dell’adozione.

Alla prova dei fatti la realtà Sociale nel corso dell’applicazione di questo istituto è ben diversa con frequenza, tanto che il recupero delle famiglie di origine, non sempre risulta rapido né tanto meno sicuro, pertanto anche il rientro dei minori nelle stesse viene soventemente rinviato fino alla maggiore età, oltre la quale, il minore diventa libero di decidere:

in conclusione l’Istituto dell’affido si configura come una situazione molto sfumata e in qualche modo collegata agli eventi incerti di particolari storie familiari ove i genitori sebbene sprovveduti non risultano del tutto assenti, e ove ci si augura che le dette vicissitudini possano risolversi positivamente.

 

 

 

3.2 Il mantenimento dei rapporti con la famiglia di origine[10];

 

La L. 149/01 a conferma di quanto disposto dalla L. 184/83 ha previsto il cosiddetto “affidamento temporaneo”, ovvero quel complesso di provvedimenti che assicurano al minore che si trovi in una famiglia che sia temporaneamente impossibilitata o incapace ad adempiere ai propri compiti di educazione, istruzione e mantenimento della prole, di essere inserito in altri nuclei che possano in qualche misura sopperire alle incapacita’ temporanee della famiglia naturale. In tali casi obiettivo primario e’ quello di consentire al minore di vivere serenamente onde consentirgli una corretta  crescita attraverso una serie di azioni volte a promuovere i rapporti con la famiglia di origine, sia da parte della famiglia affidataria, sia da parte dei servizi sociali.

L’art. 5 comma 2 della L. 149/01 infatti ha previsto la necessita’, nel caso di affido familiare temporaneo, ovvero nei casi in cui non vi sia un vero e proprio stato di abbandono del minore, ma carenze e incapacita’ temporanee della famiglia di origine di provvedere alla cura educazione mantenimento ed istruzione del minore, la conservazione dei rapporti del minore con la famiglia di origine.

Il mantenimento dei rapporti con la famiglia di origine e la responsabilita’ e’ demandata al servizio sociale competente che provvede sia a supportare la famiglia di origine per consentire il recupero delle capacita’ genitoriali, sia a consentire uno stretto collegamento tra la famiglia di origine e la famiglia affidataria, collegamento volto innanzitutto a non far perdere al minore le proprie origini ed il proprio legame di sangue, nonche’ a consentire anche attraverso l’affido, una nuova strutturazione delle dinamiche familiari e nuovi equilibri su cui la famiglia di origine in seguito si possa fondare.

Orbene consentire al minore per il quale e’ stato disposto un affidamento temporaneo di conservare i rapporti con la famiglia di origine, consente al minore ed alla famiglia stessa in difficolta’ di poter confrontare la propria esperienza con quella della famiglia affidataria, sentendosi cosi’ supportata da questa e non sostituita, consentendo proprio attraverso il confronto e la collaborazione reciproca una reimpostazione e modifica sostanziale degli equilibri familiari. Tutto cio’ ovviamente serve per consentire successivamente e facilitare il reinserimento del minore nella propria famiglia.

Astrattamente il corretto e favorevole mantenimento dei rapporti con la famiglia di origine appare un isola felice grazie alla quale qualsiasi caso di affidamento temporaneo sembrerebbe validamente risolto con il reinserimento del minore nella famiglia di origine, ma cosi’ non e’. Invero nella realta’ non sono pochi i casi in cui le due famiglie entrano in grave conflitto tra di loro, sia per la diversita’ di provenienza, sia per diversi se non conflittuali modelli educativi, culturali nonche’ economici, che portano ad avere modelli di confronto completamente differenti ed inconciliabili tra loro.  Spesso accade che la famiglia di origine si senta usurpata nel ruolo a lei congeniale, ritenendo l’affido sebbene temporaneo come una violazione del rapporto piu’ intimo  ed appagante, ovvero quello dell’educazione e crescita dei figli.

E’ pur vero che non sono pochi i casi ove il minore venga brillantemente recuperato ed insieme a lui la famiglia di origine che superate le prime tensioni e difficolta’ motivate dal falso presupposto che la famiglia affidataria si volesse appropriare del minore, riescano poi ad interagire per il completo recupero e successiva reintegrazione del figlio. Spesso i minori che hanno “subito” tale percorso alla fine si sentono supportati e cosi’ ben sostenuti da doppie figure genitoriali.

La normativa prevede che siano individuati i tempi modi e poteri dell’affidamento, ovvero che vi siano disposizioni precise circa i tempi dell’affidamento temporaneo, che non puo’ comunque protrarsi per un periodo superiore ai 24 mesi, decorsi i quali si deve verificare se la crisi della famiglia di origine sia stata superata oppure se vi sia necessita’ di procedere all’affidamento sine die. 

E’ quindi evidente come risulti importantissimo per il minore in affido temporaneo conservare i legami con la famiglia di origine ma e’ ancora piu’ importante che il legame venga a realizzarsi tra le sue famiglie, senza che vi siano pregiudizi e senza che si ritenga di poter giudicare o addirittura colpevolizzare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3.3 Doveri e Poteri degli Affidatari;

 

L’unico che risulta scritto, trovasi nell’art.38 della L.149/01: Il genitore affidante accetti che, per il periodo di durata dell’affido, quando il minore vive presso gli affidatari, gli assegni familiari e le prestazioni previdenziali relative al minore siano erogati temporaneamente in favore dell’affidatario”.

 

I SEGUENTI SONO FRUTTO DI ELABORAZIONE DOTTRINALE:

  1. ° DELLA FAMIGLIA AFFIDANTE:rilevare il malessere dei figli;
  2. ° DELLA FAMIGLIA AFFIDANTE:segnalare i sintomi di disagio che minacciano la regolare crescita fisio-psichica;
  3. °DELLA FAMIGLIA AFFIDANTE:riconoscere  i diritti dei figli;
  4. °DELLA FAMIGLIA AFFIDANTE:preparare i figli alla momentanea separazione per un futuro migliore;
  5. °DELLA FAMIGLIA AFFIDANTE:collaborare con il Servizio Sociale nella redazione del progetto “ AFFIDO e RIENTRO”;

     

POTERI

  1. Se il genitore affidante ha mantenuto intatta la propria potesta’ parentale, gli affidatari SONO TENUTI ad osservare e seguire le sue indicazioni a proposito di scelte scolastiche, di lavoro e di vita.
  2. Diversamente, Sara’ il giudice a determinare le decisioni;
  3. La famiglia ha la possibilita’ di ricorrere per esporre le proprie ragioni;

     

DOVERI

Sono elencati nell’art.5 L.149/01:

  1. Accoglienza;
  2. Mantenimento;
  3. Educazione;
  4. Istruzione;
  5. Tenere conto delle indicazioni dei genitori;
  1. Avvertire e Consultare i genitori in caso di Comunione e/o Cresima

 

POTERI

 

  1. Rappresentanza degli Affidatari negli organismi Collegiali Scolastici;
  2. Pertanto godono di elettorato attivo e passivo per l’elezione dei rappresentanti dei genitori ( cfr art.5 L.149/01 Comma 1);

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     



[1] Cfr. art. 1, comma 5 L. 149

[2] Cfr. Sent. Cass. ——————

[3] Tra gli Enti Storici più famosi si ricordano le c.d. “ISTITUZIONI TOTALI”, con metodologie educative fortemente limitanti ad un pieno sviluppo infantile, privi più delle volte di riferimenti genitoriali idonei, spesso dovuti da una composizione religiosa mono-sessuale (solo suore o solo preti). Nel XV secolo si annoverano i c.d. ospedali degli innocenti, nel XIX secolo i collegi a composizione mista (laici e religiosi);

fino al XX

[4] Si cfr  articolo avv. Filosa Servizi Sociali e Giudici Minorili Lex et Jus n.6/02;

[5]A.A.V.V. Le adozioni nella nuova disciplina, Giuffré 2001, pag. 100.

[6]Ibidem, pag. 101.

[7]La soluzione è quella proposta da V. Barela,Ibidem, pag. 102,da cui sono tratte le frasi in corsivo nel paragrafo.

[8] * : a cura dell’Avv.Teresa Filosa Ricercatrice dell’Istituto degli Studi Giuridici Superiori –cfr anche Lex et Jus n.6/02;

[9] Prot. 11294/17385, caso segnalato dal Dr. Gaetano Giordano – Centro Studi Separazioni e Affido Minori – Via Matera 23/ 00186 ROMA, pubblicato sul sito: http: // www.dirittoefamiglia.it

[10] A cura di Valeria Pessetti: Avvocato,  Ricercatrice dell’Istituto degli Studi Giuridici Superiori e Docente della Scuola di Legge omonima;


EVOLUZIONE NORMATIVA A TUTELA DEI MINORI

Riferimenti legislativi  in corso di aggiornamento …..

 

Evoluzione Normativa; 1.2 le tappe normative; La procedura secondo la Riforma della L. 149/2001; – New York ratificata in Italia con la L. 176/1999 

 

L’EVOLUZIONE NORMATIVA

 

La normativa a tutela dei minori del nostro paese ha radici storiche molto lontane. Già nel diritto romano, “l’infante” (colui che non sa ancora parlare) e il “minore” (colui che è da meno), non essendo titolari di diritti, non avevano la facoltà di esercitarli da soli, più precisamente non avevano la capacità di agire.

 

Pertanto, se commettevano atti penalmente illeciti, non ne rispondevano o quanto meno solo in modo limitato.

 

Dall’ordinamento normativo dell’Imperatore Giustiniano (482-565 d.C.) ad oggi, questo principio di grande saggezza giuridica e sociale costituisce un fondamento dei numerosi ordinamenti dei Paesi civilizzati e più avanzati dell’Occidente, rappresentando un modello significativo, spesso opinato da correnti di pensiero spinte da impennate di delinquenza minorile negli ultimi anni[1].

 

Una prima ripartizione delle fasi giovanili, già in essere da antiche legislazioni, attribuivano a taluni minori limitate capacità negoziali, o l’applicazione di varie e mitigate pene[2], ad esempio le dette fasi possono così riassumersi:

 

 

 

  • PRIMA FASE: DELL’INFANTE (cioè del minore fino a 7 anni) c.d. minor septem annis;

     

  • SECONDA FASE: DELL’IMPUBERE (cioè del ragazzo fino a 18 anni) c.d. impuber proximus pubertati.

     

  • TERZA FASE: DEL MINORE DI 25 ANNI (minor viginti quinque annis)

     

    In passato, nell’antica Grecia, sebbene ritenuta tra le più civilizzate, si annoverano in scritti e pergamene ritrovate a Sparta, disposizioni di uccisioni di bambini nati deformi o infermi;

    Così anche nella Grande Roma Antica, al “Pater familias” veniva riconosciuto il diritto di vita o di morte sui figli;[3]

    Solo dopo la lunga e pregnante opera del Cristianesimo, agli albori dell’epoca di Marco Aurelio ritroviamo i primi riconoscimenti protettivi al diritto alla vita dei minori.

    Ma l’evoluzione tutelativa a favore dei minori è stata lenta, lunga e sofferta. Basta considerare che anche nella Inghilterra di fine ‘800 come emerge da celibri libri[4], le condizioni dei minori non erano tra le migliori, non essendo tutelati dal potere pubblico che non aveva facoltà di sindacare nelle realtà familiari, ove il minore non godeva di alcun diritto.

    Nè tantomeno nel diritto canonico, purtroppo il minore “bastardo” o “trovatello” non aveva il diritto di accedere al sacerdozio.

    In Italia, invece, solo a partire dal XX secolo i minori attraverso una meritevole ed elevata produzione legislativa[5] hanno incominciato ad essere tutelati e difesi.

    Ma ciò che fa riflettere, che attraverso un esame comparato tra la nostra legislazione e quella USA è il “gap” temporale esistente relativo alla tutela dei minori.

    Infatti, quando in Italia venne istituzionalizzato il primo Tribunale Specializzato per i Minorenni con la Legge del 1934, negli USA (in Chicago) già trentacinque anni prima (nel 1899) si annovera il primo TpM[6], nato su una provocazione posta in essere da un’infermiera americana nel 1890 che ebbe grande eco nella stampa mondiale di quel tempo, in quanto la stessa per tutelare una piccola bimba di nove anni picchiata e seviziata dal padre, in mancanza di strutture istituzionali a difesa dei minori, condusse la piccola presso una nota Associazione dedita alla protezione degli animali.

    LE TAPPE NORMATIVE

    1899: Istituito in USA – Chicago il primo Tribunale a tutela dei minori;

    1909: In Italia viene varato il primo progetto normativo a tutela dei minori;

    1921: A Ginevra viene promulgata la Convenzione Internazionale per la soppressione della tratta delle donne e dei fanciulli;

    1924: A Ginevra viene promulgata dalla Società delle Nazioni la prima “Dichiarazione dei diritti del fanciullo”;

    1926: Viene istituita l’Opera Nazionale Maternità e Infanzia;

    1926: Viene prevista l’innovativa misura assistenziale del BALIATICO: cioè l’affido di lattanti;

    1934: Viene istituito il Tribunale per i Minorenni in Italia con legge, ore, agli artt. 25 e 26 viene previsto”

    1942: Nel nuovo Codice Civile viene introdotta ed istituita la figura del GIUDICE TUTELARE, nonché la normativa (ex artt. 330 – 333 – 336 c.c.) limitatrice della patria potestà;

    1947: (post guerra), il dettato normativo (ex art. 30) sancisce

    La Pianificazione dei diritti dei figli nati dentro e fuori dal matrimonio nei confronti dei loro genitori

    Il principio che “nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede che siano assolti i loro compiti educativi da altri”;

    1955: La L. 1064/55 abolisce la citazione in ogni documenti ufficiale “figlio di N.N. ed elimina la paternità e maternità non più resa necessaria quale elemento di identificazione delle persone;

    1959: NUOVA CARTA DEI DIRITTI DEL FANCIULLO DELL’ONU

    1962: La L. 1085/62 introduce in Italia la figura dell’operatore sociale, istituendo i ruoli del personale del Servizio Sociale;

    1967: a) Pubblicazione a Strasburgo della Convenzione sull’adozione dei Minori

    b) La L. 431/67 introduce in Italia “l’adozione legittimante o speriale”, c.d. per differenziarla dalla “tradizionale o ordinaria” che continua a quel tempo a riguardare solo i minori al di sopra degli otto anni

    c) la L. 431/67 introduce altresì l’innovativo concetto di “Preminenza dell’interesse del minore rispetto a quello dei genitori naturali” attraverso: un taglio dalla famiglia di origine, senza il consenso dei genitori, eliminazione del cognome della famiglia d’origine, figlio legittimo della nuova famiglia;

    1975: L. 39/75 (Epoca di grandi riforme) viene abbassata la maggiore età dai 21 ai 18 anni;

    1975: L. 151/75 La Riforma del Diritto di Famiglia;

    1983: L. 184/83 viene promulgata la legge sull’adozione ed affido, prevedendo tra l’altro:

 

  1. Estensione dell’età dei minori adottabili precedentemente adottabili con l’adozione legittimante dagli 8 ai 18 anni;

 

2. Introduce in modo organico l’istituto dell’affido familiare (già diffuso in pratica dal 1967 per deistituzionalizzare bambini di più di 8 anni esclusi dal beneficio dell’adozione speciale);

 

1991: La L. 176/91 ratifica la Convenzione sui diritti del bambino (promulgata dall’ONU il 20/11/89) alla quale hanno aderito 80 stati;

 

2001: La L. 149 del 28/03/2001 introduce nuove “Modifiche alla L. 4.5.1983 n. 184);

 

2001: Il Decreto Leg.vo 26/03/2001 n. 151 introduce con un “T.U. Disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, ponendo l’interesse del bambino o non dell’adulto”.

 


Modalita’ Iscrizione ai Corsi e Seminari della Scuola di Legge.

Modalita’ di Iscrizione

NOTE GENERALI

La Scuola di Legge organizza Corsi, Seminari di Studio di Alta Formazione ed Aggiornamento Professionale dal 1996.

  • La partecipazione alle lezioni è a numero chiuso, previo colloquio ed esame note curriculari corredate da foto tessera digitale ( i documenti trasmessi non si restituiscono);
  • Gli interessati devono presentare formale domanda sottoscritta corredata da curriculum e documenti (cfr. modulistica nel sito );
  • Orari delle Lezioni : solitamente  pomeridiane atteso che sono destinate a professionisti;
  • Accettazione del regolamento con sottoscrizione in sede;
  • Favor per gli iscritti: all’UNIONE NAZIONALE CAMERE MINORILI MULTIPROFESSIONALI, è estesa la partecipazione ad AGENTI E E PERSONALE P.S. e CC.CC., ASSISTENTI SOCIALI, ISCRITTI APA ;
  • Sede Lezioni: Studio Legale Merolla,Angeloni & Partners – di Diritto di Famiglia e Diritto Minorile di Napoli: via De Dominicis,14 o SALE CONGRESSUALI o ALTRE SEDI preventivamente comunicate. Si Rileva che negli ultimi anni la Scuola riceve Accoglienza presso il Centro di Giustizia Minorile di Napoli – L’istituto ringrazia a nome di tutte le interassociate  l’ex  Presidente dr. Sandro Forlani e l’attuale Presidente dr. Giuseppe Centomani della gentile concessione.
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MODULO : OPEN OFFICE LAW FOR PARTNERS

OPEN OFFICE LAW
AL TERMINE SU RICHIESTA E PREVI COLLOQUI DI AMMISSIONE VERRA’ PROPOSTA PARTECIPAZIONE AL MODULO  DI TIROCINIO  PROFESSIONALE DIRETTO:

Per trattare ed esaminare Questioni,

consulenze strutturate e cause in materia

Presso lo Studio Legale Di Diritto di Famiglia – Diritto Minorile – Successioni –

dell’Avvocato Manlio Merolla – www.studiolegalefamigliaminori.it

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Telefoni: 081.556.14.18 – 081.229.54.46 E-Mail Direttore: lexmerolla@libero.it

 


La Biblioteca Lex et Jus

La Biblioteca Lex et Jus  

della Scuola di Legge dell’Istituto Studi Giuridici Superiori

La Scuola di Legge ha una interessante biblioteca specializzata in Diritto di Famiglia e Diritto Minorile, in via De Dominicis,14 in Napoli;

Attualmente,attraverso anche la donazione di enciclopedie in materia, di omaggi di volumi da parte di autorevoli autori e di ciclici acquisti di aggiornamento, conta oltre quattrocento volumi e riviste del settore;

La Consultazione è riservata in forza del regolamento della Biblioteca ai soli iscritti;


Il Metodo didattico della Scuola di Legge dell’Istituto Studi Giuridici Superiori

IL METODO

 

Il metodo, basato su casi concreti, al continuo confronto esperienziale tra i corsisti e gli insegnanti, teso alla redazione di atti e pareri sugli argomenti più diversi, si distingue  per la sua specifica trattazione teorico-pratica bilanciata;

 

Le attività seminariali di studio tecniche, teoriche e specifiche, integrate da Simulate processuali, trattazioni pratiche di casi concreti, verifiche periodiche con questionari a risposte multiple e con lezioni interdisciplinari, intendono offrire ai partecipanti un servizio di Aggiornamento e formazione pluralistico e scientificamente qualificato;

 

Al Termine dei corsi, o parte degli stessi, al fine di un maggiore arricchimento formativo sono previste partecipazioni a Conferenze, incontri e tavole rotonde con l’intervento di noti Avvocati, illustri Magistrati e qualificati esperti;

 

In particolare la formazione tecnica-giuridica su alcune specifiche problematiche di attualità di diritto sostanziale e processuale,attraverso la trattazione per moduli di diverse tematiche, saranno debitamente integrate da un rigoroso insegnamento delle norme deontologiche professionali forensi.

 

I corsisti che si distingueranno per profitto, partecipazione e disponibilità, che verranno segnalati dal docente e previo parere del Collegio dei Docenti, potranno se da essi richiesto formalmente con la modulistica interna, collaborare in Istituto per la: 

 

Redazione testi Giuridici;

Collaborare nei comitati di redazione delle Riviste Specializzate dell’Istituto o ai siti web scientifici;

Partecipare ai lavori di Studio & Ricerche dei Dipartimenti  designati per :

           Ricerche statistiche;

           Studi & Ricerche ed elaborazioni di proposte leggi e Disegni;

           Partecipazioni a Convegni in Italia ed in Europa ed altro;

 

 


Tematiche in sintesi di Alcune Lezioni della Scuola di Legge

TEMATICHE DEI CORSI

 

I Corsi prevedono la trattazione per moduli delle diverse tematiche:

SINTESI DI ALCUNE DELLE LEZIONI

  • RAPPORTO CLIENTE/AVVOCATO;
  • ORGANIZZAZIONE , ANALISI E MARKETING MANAGER DELLO STUDIO LEGALE;
  • MANAGEMENT E GESTIONE DELLE RISORSE NELLO STUDIO LEGALE MULTIPROFESSIONALE D.F.M.;
  • TOTAL QUALITY MANAGEMENT -TQM;
  • BUSINESS PROCESS IMPROVEMENT – B.P.I.;
  • ORGANIZZAZIONE METODOLOGICA DELLO STUDIO DEI CASI GIUDIZIARI;
  • TIPOLOGIE DELLE CONSULTAZIONI LEGALI – TECNICHE E STRATEGIE DEL “reframing” CONSULTIVO;
  • LA CONSULENZA LEGALE STRUTTURATA NELLE SEPARAZIONI CONSENSUALI;
  • DEONTOLOGIA PROFESSIONALE;
  • VERIFICHE CON QUESTIONARI;
  • SIMULAZIONI ED ESERCITAZIONI PRATICHE;
  • LA MEDIAZIONE FAMILIARE ED IL RUOLO DELL’AVVOCATO;
  • ATTIVITA’ SEMINARIALI PRATICHE E GIURISPRUDENZIALI RELATIVE A QUESTIONI DI DIRITTO DI FAMIGLIA E DIRITTO MINORILE;
  • IL RICORSO PER SEPARAZIONE GIUDIZIALE DEI CONIUGI;
  • INDAGINI INVESTIGATIVE NEL PROCESSO CIVILE;
  • PROVE PROCESSUALI EPROVE PRECOSTITUITE: QUESTIONI NORMATIVE, GIURISPRUDENZIALI E DEONTOLOGICHE;
  • LA TUTELA PENALE DELLA FAMIGLIA;
  • IL MOBBING FAMILIARE E CONIUGALE;
  • LA CONVIVENZA;
  • LA POTESTA’ GENITORIALE;
  • IL RICORSO DI OPPOSIZIONE AL DECRETO DI ADOTTABILITA’:QUESTIONI..NORMATIVE, GIURISPRUDENZIALI E PRATICHE;
  • LA FILIAZIONE / L’AZIONE DI DISCONOSCIMENTO DI PATERNITA’;
  • L’ADOZIONE: TIPOLOGIE ED ASPETTI PRATICI E PSICOLOGICI;
  • L’AFFIDO;
  • QUESTIONI DI DIRITTO INTERNAZIONALE e COMUNITARIO RELATIVE ALLA TUTELA DELLA FAMIGLIA E MINORI;
  • QUESTIONI DI DIRITTO CANONICO ED ECCLESIASTICO;
  • L’APPELLO;
  • L’ORDINAMENTO GIUDIZIARIO MINORILE ED IL PROCESSO PENALE MINORILE;
  • IL GIUDICE TUTELARE;
  • IL PUBBLICO MINISTERO;
  • SERVIZI SOCIALI A TUTELA DEI MINORI E DELLA FAMIGLIA;
  • ASPETTI PATRIMONIALI E FISCALI DELLA FAMIGLIA;
  • ORAZIONE FORENSE E DEONTOLOGIA PROFESSIONALE;
  • LA DEVIANZA MINORILE E IL DISAGIO ADOLESCENZIALE;
  • CRIMINOLOGIA MINORILE;
  • CRIMINOLOGIA  FAMILIARE;
  • NOTARIATO : ASPETTI PATRIMONIALI  NEL DIRITTO DI FAMIGLIA;
  • STUDIO DELLE PROBLEMATICHE FISCALI E TRIBUTARIE DEL DIRITTO DI FAMIGLIA;
  • ALTRE ANCORA…..

    ESERCITAZIONI  –  REDAZIONE DI ATTI   –  LAVORI IN GRUPPO MULTIPROFESSIONALE – TUTORAGGIO PROFESSIONALE DIRETTO;


Storico Comitato Scientifico della Rivista Lex et Jus

Lex et Jus

Rivista di Diritto di Famiglia, Diritto Minorile, Legislazione Sociale e Minorile, Scienze Sociali e Psicologiche e Criminologia Familiare 

DIRETTORE SCIENTIFICO

Avv. Prof. Manlio Merolla 

COMITATO SCIENTIFICO

 

Prof. Avv. Mario Anzisi : Associato alla II Università degli Studi di Napoli

Dr. Gaetano Assante:Magistrato Tribunale Minorenni di Napoli

Avv. Prof. Armando Ceccoli :V.Presidente  dell’Associazione Forense in diritto di Famiglia e Tutela dei Minori e in Legislazione sociale  di Napoli 

Dr. Prof. Pietro De Felice:Giudice Vescovile della Curia di Caserta – Giudice Istruttore presso il  Tribunale Ecclesiastico Interregionale Salernitano/Lucano.

Avv. Maurizio De TillaCultore della materia / Presidente della Cassa Nazionale Forense.

Dr. Bruno De Filippis: Consigliere presso la Corte d’Appello di Salerno

Dr. Luigi Di MauroDirigente Ministero della Giustizia presso Corte d’Appello Napoli

Dr. Roberto Gentile : Procuratore Capo della Procura presso il Tribunale per i Minorenni di Napoli.

Dr. Augusto IaconoMagistrato, già Presidente Corte d’Appello Sezione III Napoli

Dr. Federico Mantile: Psichiatra Infantile, Psico-terapeuta – già giudice Onorario TpM Napoli

Prof. Avv. Renato Palmieri :Ordinario a.r. Procedura Penale all’Università degli Studi di  Bologna

Avv. Mario Ruberto: Avvocato penalista Tribunale di Napoli – già Presidente Commissione esame Avvocato Foro Napoli

fù Prof. Bruno Schettini:Professore Associato di Pedagogia Generale e Sociale alla II Università degli Studi di Napoli.  Didatta dell’Albo dell’Associazione  Internazionale Mediatori Sistemici. 

Dr.ssa Vincenza Tagliarini :Magistrato Tribunale di Napoli

Dr. Luigi Viggiani  :Psicologo Dirigente Ministero della Giustizia in Roma  c/o Ufficio Centrale per la Giustizia Minorile / Servizio Statistica e Ricerca.

 

Il Comitato Scientifico è  altresì  composto dai rappresentanti dei seguenti Uffici

 

PRESIDENZA ORDINE DEGLI PSICOLOGI DELLA CAMPANIA

PRESIDENZA ORDINE DEGLI ASSISTENTI SOCIALI DELLA CAMPANIA.

Istituto di Psicologia e Psicoterapia Relazionale e Familiare di Napoli.-ISPPREF: Dr. Gennaro Galdo

Presidente della Fondazione “Giuseppe Ferraro” ONLUS  di Maddaloni :Dr. Luigi Ferraro

 Presidente Centro Studi “EoS” Napoli –Centro Studi e Ricerche in Psicologia Applicata:Dr.ssa Ornella Marini